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Medio-leggera
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Medio-forte
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90-94
85-89
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43.1-46.0%
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Nicaragua: quale futuro per il suo tabacco?

Nicaragua: quale futuro per il suo tabacco?

Nicaragua: quale futuro per il suo tabacco? 800 450 Giuseppe Mitolo

Nonostante il silenzio mediatico, il Nicaragua continua a vivere il suo dramma socio-politico, del quale vi aggiornammo nell’immediatezza dei disordini civili culminati nei mesi di aprile e maggio del 2018 (clicca qui per una fotografia della situazione politica-istituzionale, mentre per le implicazioni nel  settore del tabacco vi ricordiamo l’articolo pubblicato sul nostro Magazine Summer 2018, scaricabile cliccando qui).

In questi mesi lo staff governativo guidato dal Presidente Daniel Ortega  ha cercato di adottare misure che placassero il risentimento popolare, acceso da inique misure di riduzione degli stipendi ed inasprimento della tassazione. I tumulti e le proteste, nonostante non abbiano raggiunto apici di violenza come quelli di aprile e maggio del 2018, hanno interessato per lo più la capitale Managua e le zone ad essa limitrofe. Tuttavia la Terra dei Vulcani è stata colpita, nell’arco di questi mesi, da grosse contratture di mercato ed episodi di violenza urbana, questi ultimi riconducibili più a micro criminalità ed esasperazione dei cittadini che a vere e proprie manifestazioni antigovernative. Per tali ragioni, molte sono le nazioni che sconsigliavano (e sconsigliano) viaggi in Nicaragua se non strettamente necessari. L’effetto di questa instabilità, si è concretizzata, agli occhi degli aficionados, nella decisione di non svolgere il consueto Puro Sabor (che nel 2019 sarebbe giunto alla ottava edizione).

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Il quadro economico

Tuttavia un così lungo periodo di disordini civili e di politiche economiche troppo poco lungimiranti non hanno giovato al benessere economico del Paese. Ogni quadrimestre, il COSEP (Consejo Superior de la Empresa Privada) e la FUNIDES (FUndación NIcaraguense para el Desarrollo Economica y Social) elaborano un monitoraggio delle attività economiche del Nicaragua. Abbiamo avuto modo di leggere il Reporte n.3 emesso a Dicembre 2018, estrapolando dati non rincuoranti del benessere della nazione e traendo anche spunti di approfondimento rispetto alla situazione della filiera tabacalera direttamente in loco.

La situazione fotografata dai due istituti è quella di una recessione economica che si è avviata dal mese di Ottobre 2018, alimentata dai disordini civili (manifestazioni antigovernative, violazione dei diritti umani da parte del Governo, insicurezza cittadina) che, nel corso di questi mesi, hanno ridotto le aspettative degli agenti economici internazionali. Nel periodo analizzato (gennaio-ottobre 2018) sono ben 453mila i lavoratori licenziati o “sospesi” dal posto di lavoro e 137mila il numero dei disoccupati; chi ha potuto (60mila) è emigrato. Si registra un forte calo del settore turistico, crollato del 50%, e del credito per il consumo (-10%). Ciò che non conforta affatto è il dato afferente la contrazione dei depositi bancari, ridottisi del 25% in pochi mesi, pari, per rendere l’idea, a 1.374 milioni di dollari: ciò si traduce in un più difficile accesso al credito da parte dei cittadini e delle imprese.

 

Il settore tabacco e sigari

Il mondo agricolo del tabacco, nel corso del 2018, è il settore che ha risentito meno di questo contraccolpo economico, anche in ragione del fatto che la coltivazione era già avviata e conclusa al momento dello scoppio della crisi. Indenne, invece, il settore manifatturiero del tabacco (fabbriche) il quale, lavorando il tabacco in entrata, non ha subito grosse problemi, eccezion fatta per i disordini di primavera (nello specifico, blocchi stradali) che, comunque, oltre a dei ritardi di consegna in fabbrica o di spedizione, non hanno inciso in modo macro economico sul comparto della produzione e vendita dei sigari.

Tuttavia, alla luce della più complessa situazione economica della nazione, come risponderà e come sta rispondendo il settore del tabacco per la cosecha 2018/2019? I due settori che più interessano l’indotto tabacalero sono anche i più colpiti da questa crisi, ossia quello biochimico e quello finanziario del micro credito bancario. Riguardo al primo, con la chiusura di molte aziende nicaraguensi che producevano e fornivano concimi, fertilizzanti e prodotti fitosanitari, la relativa merce comincia ad aumentare di prezzo sia per la minore quantità sul mercato sia per la necessità di comprarla dall’estero. Per comprendere, invece, come la contrazione del micro credito possa avere ripercussioni sulla produzione di tabacco, occorre capire come questi siano connessi fra loro. Solitamente i proprietari dei terreni e coltivatori di tabacco sono privati o piccole aziende alle quali i grandi brand affidano la fase agronomica della crescita e raccolta del tabacco. Ovviamente, prima di piantare il tabacco, occorre preparare il terreno per avviare la coltivazione e, in fase di crescita della pianta, curarne anche la fase strettamente agricola. Tutte queste operazioni, economicamente parlando, sono a carico del coltivatore. Per esemplificare, si consideri che la coltivazione di un ettaro di tabacco da utilizzarsi per il ripieno dei sigari ha dei costi annui che oscillano fra i 5000 e i 6000 dollari; costi che arrivano anche a 8000 dollari per il tabacco utilizzato per le foglie di fascia. Per fronteggiare tale investimento iniziale, i produttori di tabacco erano soliti richiedere dei prestiti bancari che venivano restituiti una volta venduto il tabacco raccolto. Tale accesso al credito è inversamente proporzionale alle possibilità economiche dei proprietari: tanto più il coltivatore è piccolo o sorretto da una piccola impresa, tanto più avrà necessità di accedere ad un iniziale prestito. La zona di Condega, ad esempio, è praticamente in mano ai piccoli produttori.

Con la contrattura della concessione di credito, già da questa cosecha, molti piccoli produttori hanno ridotto sensibilmente il terreno destinato alla coltivazione di tabacco (che notoriamente ha bisogno di molte cure e attenzioni, che si traducono in ulteriori esborsi economici) arrivando persino a convertirle completamente, piantando cipolle o altri ortaggi, di più semplice gestione agricola e di più facile vendita.

Tale problema di liquidità potrebbe trovare una parziale soluzione, come sta già avvenendo, attraverso i produttori di sigari: molti di essi, per non creare un’interruzione di approvvigionamento di tabacco, solitamente acquistato dal solito produttore, si stanno sostituendo alla linea di credito, anticipando le spese annue per la coltivazione del tabacco desiderato. Certo è che, già al momento in cui vi scriviamo, la quantità di tabacco presente sul mercato nicaraguense è minore rispetto alla precedente cosecha.

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Gli scenari futuri

Questo, al momento, il quadro generale che di certo non appare esente da nubi all’orizzonte. Difficile pronosticare con certezza cosa  accadrà nel futuro della produzione nicaraguense. Qualora i brand si sostituissero agli enti di credito nell’erogazione dei prestiti ai coltivatori, ci potremmo attendere, nel breve periodo, un aumento dei prezzi al consumatore. Viceversa, nel breve periodo questi costi finali potrebbero anche essere attutiti dalle stesse case produttrici (difficile a credersi perché andrebbe contro ogni legge di mercato), ma è una soluzione che, per la sua antieconomicità, non può resistere per molto tempo. Nel mondo sigarofilo sono poche le certezze, ma una è garantita da una semplice equazione: meno tabacco = meno sigari. E spesso meno sigari significa produzioni discontinue o, per le più classiche delle leggi del mercato, prezzi più alti.

Da aficionados vicini al popolo nicaraguense non possiamo che sperare in una rapida soluzione dei problemi politici ed economici che da troppo tempo stringono il Nicaragua in una morsa senza tregua. E ciò non vale solo per il tabacco, ma anche e soprattutto per il Turismo, sul quale il Paese dei Vulcani stava rilanciando molto della sua immagine a livello internazionale.