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Prezzo
Sotto 6
6-10
10-15
15-20
20-30
Oltre 30
Forza
Leggera
Medio-leggera
Media
Medio-forte
Forte
Valutazione
95-100
90-94
85-89
80-84
Inferiore a 80
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Profilo aromatico
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ABV
38.0-39.9%
40.0-43.0%
43.1-46.0%
46.1-50.0%
50.1-55.0%
over 55.0%
OB o IB
OB
IB
Prezzo
Sotto 50
50-100
100-250
250-500
over 500
Valutazione
95-100
90-94
85-89
80-84
Inferiore a 80
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Profilo aromatico
Cereale
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Fruttato
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Miele
Sherried
Speziato
Torbato
Vinoso

Whisky giapponesi

Japanese_whiskey

Whisky giapponesi

Whisky giapponesi

Settembre 2014: Jim Murray, uno dei più influenti critici di whisky del mondo, incorona lo Yamazaki Sherry Cask 2013 come miglior whisky al mondo della sua Whisky Bible, la raccolta annuale delle sue impressioni. Questa vittoria accende un potente riflettore sui prodotti provenienti dal lontano Paese; solo pochi appassionati conoscono e hanno avuto la possibilità di assaggiare alcuni dei rari prodotti di quella nazione. Le reazioni sono immediate: la domanda di whisky giapponese cresce a dismisura, i prezzi aumentano vertiginosamente tanto che oggi è difficile trovare una bottiglia con età dichiarata. La domanda è talmente aumentata che le distillerie hanno praticamente esaurito gli stock e hanno sostituito il core-range con prodotti senza età dichiarata, quindi tendenzialmente più giovani rispetto al passato. Una vecchia distilleria giapponese, Karuizawa, chiusa agli inizi del 2000, mette in vendita poche bottiglie dalle scorte rimaste nei magazzini: estremamente ricercate, il loro prezzo medio è aumentato di 8-10 volte rispetto alle prime uscite, superando spesso le quattro cifre. Lo stesso Yamazaki Sherry cask 2013, partito da circa 100 sterline, oggi si può acquistare per oltre 3.000 euro.

E’ riduttivo pensare che le valutazioni di un solo uomo abbiano potuto modificare così radicalmente le esportazioni di whisky giapponese, di sicuro c’è che gli appassionati si sono accorti della qualità elevata delle produzioni e hanno voluto premiare queste distillerie. La storia del whisky giapponese non raggiunge i cento anni di anzianità ma, come molte attività della nazione di origine, racconta prima di tutto la passione per il perfezionamento delle tecniche di distillazione provenienti da altri paesi, in questo caso la Scozia.

La prima nota storica relativa a whisky in Giappone risale al 1853, quando Matthew Perry, un alto comandante della flotta degli Stati Uniti, servì del whisky a ufficiali giapponesi sulla propria nave. Il tentativo di Perry fu quello di convincere i giapponesi ad aprirsi al mondo, inaugurando importazioni ed esportazioni di prodotti, whisky incluso. Nel 1856 Perry regalò una botte di whisky alla famiglia imperiale, come si evince da dipinti dell’epoca ancora oggi conservati in Giappone. Le trattative non si conclusero positivamente e il Giappone rimase isolato fino alla Seconda Guerra Mondiale. Ad ogni modo il whisky piacque, tanto che alcune aziende farmaceutiche misero in commercio alcuni prodotti al sapore di whisky, miscelando alcol puro ed essenze floreali.

Il secondo momento da ricordare ci porta nel 1918: Kihei Abe della Settsu Shuzo, un’azienda di distillazione di Osaka, inviò un suo dipendente, Masataka Taketsuru, in Scozia per studiare l’arte della distillazione e per carpire i segreti delle distillerie scozzesi. La diffidenza verso Masataka era enorme: un giapponese in Europa era una cosa rara e gli scozzesi erano molto gelosi dei propri segreti. Il giovane non si perse d’animo è studiò chimica a Glasgow prima di alcuni periodi di tirocinio presso distillerie come Hazelburn e Longmorn. Taketsuru addirittura si sposò con Rita Gowan, la sorella maggiore di Campbell, ragazzo che Masataka istruiva nell’arte del Judo. Il ritorno in Giappone per la coppia fu difficoltoso: le famiglie non erano d’accordo sull’unione e l’azienda che aveva inviato il giovane in Scozia aveva abbandonato i piani relativi al whisky. All’inizio degli anni ’20, Shinjiro Torii, proprietario della ditta Suntory, stava pensando alla costruzione di una distilleria di whisky: aveva previsto una maggiore apertura verso il mondo esterno e aveva pensato di coinvolgere tecnici scozzesi per il proprio progetto. Avendo saputo dell’esperienza di Taketsuru in terra scozzese, lo contattò e insieme misero in piedi la prima vera e propria distilleria giapponese di whisky, Yamazaki, aperta nel novembre del 1924. Il primo prodotto, chiamato Shirofuda e lanciato nel 1929, fu un flop commerciale perché troppo affumicato per il gusto giapponese. Solo nel 1937, il lancio del nuovo Kaku-bin fu invece ben accolto e da allora Yamazaki si impose nel mercato locale e, più tardi, internazionale. Un anno prima, nel 1936, vide la luce la prima distillazione per un’altra distilleria, Yoichi, creata in Hokkaido dallo stesso Taketsuru dopo aver concluso il contratto con Suntory. Secondo Masataka, in Hokkaido c’erano le condizioni ideali per una distilleria sullo stile scozzese. Nel 1946 Sasanokawa decide di ampliare la propria distillazione anche con il whisky e diede vita a Yamazakura. Dopo Yoichi, Taketsuru fondò Miyagikyo nel 1969, dieci anni prima di morire: l’azienda da lui fondata, Nikka, è ancora oggi una delle principali al mondo con prodotti apprezzati ovunque. Nel 1973 anche il gruppo Suntory decise di raddoppiare gli stabilimenti fondando Hakushu; dello stesso anno sono le fondazioni di Chita e di Kirin. Nel 1984 viene fondata White Oak e l’anno successivo la distilleria Mars, fino ad arrivare nel 2008 con la micro-distilleria Chichibu. Tutte le distillerie nominate sono ancora in funzione e distillano sia orzo sia grano; spesso i cereali vengono importati dalla Scozia e talvolta alcuni blend sono prodotti con botti di whisky scozzese. La tendenza generale è la produzione di whiskies poco o per nulla torbati ma esistono bottiglie molto torbate in grado di competere con il livello di quelle scozzesi.

Abbiamo parlato di Karuizawa: questa distilleria è stata fondata nel 1955 vicino al vulcano Asama e ha prodotto whisky fino al 2001, momento in cui è stata chiusa. Nel 2011 lo stock rimanente è stato comprato da Number One Drinks, un’azienda britannica che rilascia prevalentemente botti singole, estremamente rare e costose.

Altre distillerie note ma oggi chiuse sono: Hanyu, anche questa piuttosto ricercata dai collezionisti; Kawasaki, chiusa nel 2006 ma i cui stock sono di proprietà di Ichiro Akuto, il fondatore di Chichibu che rilascia alcuni imbottigliamenti annuali.

Oggi l’esportazione di whisky giapponesi è piuttosto limitata e incentrata su prodotti giovani, di solito No Age Statement. I blend giapponesi sono molto apprezzati e molto richiesti anche nella mixology. Le bottiglie con età dichiarata o con qualche anno sulle spalle sono molto ricercate e tendenzialmente molto costose.

Il Giappone è un grande importatore di whisky; i whisky bar sono diversi e spesso molto ben forniti di bottiglie scozzesi antiche. Il bevitore giapponese, oltre a bere whisky liscio, si diletta con whisky e acqua, arrivando a consumare questo mix durante i pasti. La diluizione è piuttosto spinta, arrivando a 9 parti di acqua e una sola di whisky, pratica di difficile comprensione in Europa o America. I collezionisti sono molti e molto ben informati; le personalità del whisky scozzese sono molto rispettate. E’ usanza giapponese inoltre, presso i bar, l’acquisto di una bottiglia personale, targata con il nome dell’acquirente, che il bar si impegna a conservare per il singolo cliente.

Su CigarsLover potete trovare degustazioni di prodotti giapponesi, alcune rarità e diversi prodotti più comuni (vedi i tasting).